In Viaggio con Barks – Seconda Parte


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Carl BarksA me gli oli di Barks non è che piacciano proprio tanto…

MA

Vorrei condividere con voi la storia di un bel viaggio che in alcuni momenti mi ha tolto il respiro.

Così ho cominciato nel post precedente e quindi è da qui che riprendiamo, dopo avervi lungamente parlato di Kerby Confer.

Tutto è cominciato a Roma il 21 giugno del 2009.
Mi chiama il mio amico Stefano Bartolomei (meglio conosciuto nelle sue incarnazioni de’ Il Penny o Comics 101) e mi dice: “Viene a Roma il reverendo (in pensione)  Ed Bergen, presidente del Carl Barks Fan Club americano. Siccome sto provando ad organizzare una mostra proprio su Barks, non è che mi daresti una mano?”. Potete immaginare la risposta che gli ho dato :-) Per fugare subito qualsiasi dubbio, dico subito che purtroppo la mostra poi non si è fatta, ma la storia rimane!

Dovevamo solo pranzare, ma ci tratteniamo fino a cena dove ci raggiungono la sorella e i tre nipoti(ni) del reverendo. È tutto vero, ma non si chiamavano né Qui, Quo e Qua e neppure Huey, Dewey e Louie.., Tante chiacchiere interessantissime sugli ultimi periodi del lavoro di Barks, sulle litografie, sulle firme messe su qualsiasi cosa gli mettessero davanti, e poi ci lasciamo con la promessa di vederci a casa di un collezionista americano che possiede… una quarantina di oli di Barks!

E sei mesi dopo, la promessa viene mantenuta!

Nel dicembre del 2009 io e Il Penny ci incamminiamo verso le terre d’oltreoceano, con base New York e destinazione finale Baltimora, dove ci aspettava proprio Kerby Confer. Se questo nome vi è ancora nuovo, è perché non avete letto il mio post precedente 😉

Guardate bene le date. Ebbene sì: in quel momento non aveva ancora venduto la sua collezione!

Arriviamo a Baltimora di mattina per vedere anche il Geppi Entertainment Museum dedicato ai fumetti. Poi un amico collezionista da cui dovevo ritirare un paio di tavole ci aspetta all’uscita e dopo pranzo ci accompagna, sotto una pioggia battente. Arriviamo quindi in questa villetta in mezzo alla campagna e ci riceve Kerby Confer, già in compagnia del reverendo Bergen e di un altro collezionista/editore barksiano (Richard Taylor). Il padrone di casa è accoglientissimo e la casa è molto bella. Prima di sederci davanti al camino ce la fa visitare e tra lampade liberty originali (comprate da Liza Minnelli) e quadri d’autore, in cucina cominciamo a scorgere qualcosa di interessante e a tema: il quadro Banker’s Salad.Barks
Davanti al camino stiamo a parlare per parecchio tempo spiegando in dettaglio il progetto della mostra, luoghi, sponsor, e finalmente arriva il momento. Si va giù nel seminterrato. Dovrei fare da traduttore, ma devo fermarmi per qualche secondo. Si lo so, lo so, ho detto che gli oli di Barks non è che mi piacciano tanto tanto, ma vederseli tutti insieme davanti, ben illuminati, con i colori che ti saltano addosso, le statuette abbinate… Beh voi cosa avreste fatto? Io ho chiesto qualche minuto di ambientamento e in religioso silenzio sono stato accontentato. Ed ecco cosa mi si è parato dinanzi agli occhi…

BarksBarksBarksBarksBarks

E poi giù storie a partire dal primo quadro, poi due poi tre poi, ecc. ecc. Qualcuna avete potuto leggerla nell’ultimo post, una in particolare, visto che il protagonista è proprio Steve Geppi, di cui avevamo visitato il museo quella mattina, l’ho riservata per oggi.

Eravamo rimasti a quando Kerby Confer nei primi anni ’80 aveva incontrato Bruce Hamilton che lo aveva informato dell’esistenza dei quadri originali e che l’immagine “Embarassement of Riches” che aveva visto sul catalogo della Sharper’s Image era una litografia di cui Hamilton aveva l’originale. Durante l’anno successivo, quindi, Confer riesce a mettersi d’accordo con Hamilton e compra il suo primo olio di Barks. E poco dopo, ad un asta tenuta da Howard Lowery, il suo secondo: uno dei “Money Lake”. Ecco il racconto.

All’asta di Lowery incontrai John Snyder delle Diamond International Galleries, una delle più importanti gallerie dedicate ai “collectibles” di tutti i tempi. Dopo l’asta John riuscì a rintracciarmi e in poco tempo mi ritrovai a casa lui con Steve Geppi (proprietario della Diamond International Galleries e ora del Geppi Entertainment Museum, nonché della Diamond Distribution che fornisce fumetti americani a tutte le fumetterie del mondo tramite la pubblicazione mensile Previews ndt). Per il quadro, mi offrirono il doppio di quello che avevo pagato in asta, per cui decisi di venderglielo.

In quel momento arrivò a casa il mio figlio adottivo che, ironia della sorte aveva all’epoca 8 anni, la stessa età di quando vidi per la prima volta Zio Paperone (vedi qui ndr). Il quadro era stato appeso nella sua stanza e ora Steve Geppi se lo stava portando via. Capite bene la situazione: lo avevo adottato da poco e stavo cercando di “diventare suo padre”. Improvvisamente corse fuori dalla sua stanza urlando: “Papà, papà, che cosa è successo a Zio Paperone? Qualcuno ha rubato Zio Paperone!”. Beh, figliolo, dissi, stavo pensando che forse potremmo prendere qualcos’altro… Le lacrime cominciarono a scorrergli sulle guance. “Ma papà, è ormai parte della nostra famiglia! Per favore, non vendere Zio Paperone.”

Geppi mi diede un’occhiata e disse: “Non penso che oggi sia il giorno giusto” e mi restituì il dipinto. Io lo presi e lo appesi alla parete. Nonostante il lungo viaggio quindi, lui e John tornarono a mani vuote e l’accordo fu cancellato. Ma si portò via una cosa molto più profonda: quel giorno, conquistò la mia fiducia e tutti e due la nostra reciproca amicizia. Da quel momento  ho cominciato a capire chi fossero gli altri collezionisti. 

E cominciai ad aggiungere dipinti alla mia collezione…

Tornando ad oggi, di tutti i quadri, ci informa il nostro ospite, ne mancano 2 o 3 a tema western, perché li aveva piazzati nel suo ranch in Texas… ma gli abbiamo detto che andava bene anche così :-) Ecco un po’ di foto di gruppo. Nella prima da sinistra a destra Richard Taylor, Stefano Bartolomei, Ed Bergen e Kerby Confer. Quello che apparirà dopo… sono io :-)

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Dopo qualche altra ora passata a chiacchierare e sorseggiare del buon vino, ormai stremati, ci siamo congedati dal nostro impeccabile ospite e con l’auto del gentilissimo reverendo Bergen che ci ha accompagnato alla stazione dei pullman, siamo ritornati a New York. Che esperienza memorabile: grazie Stefano!

Purtroppo poi la mostra non ha ottenuto i finanziamenti necessari e quindi, almeno per ora non si è più fatta. Nel frattempo Kerby Confer ha venduto tutta la sua collezione tramite Heritage e quindi purtroppo (o per fortuna) la collezione si è dispersa e perciò diventerà più difficile in ogni caso raggruppare tutte quelle opere nello stesso luogo. Ma chissà?

E a voi piacciono gli oli di Barks?


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