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Questo è un post che mi attirerà le ire di molti collezionisti, lo so. Ma voglio scriverlo lo stesso perché penso che sia una di quelle riflessioni che vanno al di là dell’immediato quotidiano e, nel tempo, sono sicuro che sarà utile averla fissata. Anche se non si è d’accordo. Anche se si cambierà idea. Anche se io dovessi cambiare idea.
Tutto nasce dal post su gruppo Facebook del collezionista che all’asta di beneficenza di Etna Comics si è vantato di aver acquisito un bel disegno di Manara, probabilmente ad un prezzo stracciato. Da lì sono partiti gli strali degli altri collezionisti verso gli organizzatori della mostra, che non hanno consentito a tutto il mondo di partecipare, tramite un collegamento online. Le accuse sono varie, ma tutte convergono sul fatto che non è stato ottenuto il massimo risultato in termini economici. Sicuramente vero. Ma si dà per scontato che questo sia un fatto “automaticamente” negativo.
Mi permetto di dissentire.
Quante volte negli ultimi tempi ho sentito collezionisti lamentarsi che nel mondo delle tavole stanno arrivando “gli investitori”, ovvero persone con un ricco portafoglio, ma a cui le tavole originali non interessano se non per il fatto che rappresentano un investimento migliore di altri. A loro si contrappongono “gli appassionati” che, seppur con vari livelli di potere d’acquisto, normalmente più limitato, questi sì che meriterebbero di avere i tesori tanto agognati!
Ma come si fa a dire che uno è appassionato? Si può misurare la passione?
Forse in qualche caso sì!
Facciamo una prova: supponiamo che un collezionista di tavole originali sa che in Sicilia ci sarà un’asta con dei disegni fatti sul posto da ospiti illustri. I disegni saranno realizzati proprio lì per l’occasione, sotto gli occhi dei presenti. E saranno “cotti e mangiati”, ovvero messi all’asta lì, ma gli organizzatori non vogliono un centesimo, il ricavato sarà pure devoluto in beneficenza. Quindi se il collezionista ci va, incontrerà il suo disegnatore preferito, lo vedrà disegnare, potrà provare a comprare il disegno fatto sul posto e sarà persino insieme a tanti altri che, come lui, amano quel disegnatore e con chissà quante altre cose in comune. Cose che si scopriranno solo incontrandosi. Di persona.
Allora il collezionista si organizza per tempo: decide che quell’evento è più importante di altri per lui, quindi trova il modo di farsi sostituire al lavoro o in famiglia, trova un volo low cost, e magari ospitalità da qualche parte dove non si spende molto. Quando è il momento lascia tutto e ci va.
Un altro collezionista, invece, decide che parteciperà ad un’asta su internet…
Non so voi, ma in questo caso chi dimostra più passione io lo riconosco subito!
E non c’è giudizio in questa affermazione: ognuno è libero di vivere i suoi hobby come più gli aggrada. E ciascuno di noi può avere un impedimento per cui lungi da me il demonizzare i rapporti virtuali via rete. Mi sento solo di dire che sono una seconda scelta: non c’è paragone con la partecipazione diretta.
Ecco: la partecipazione. È proprio questa la differenza!
Ormai con i soldi e una connessione a internet si possono fare tante cose, ma, parafrasando la pubblicità di MasterCard, ci sono cose che non si possono comprare
E una di queste è proprio la presenza col proprio tempo, col proprio corpo. E se possono venire un numero inferiore di persone da lontano, premierò quelli che provengono dal territorio vicino, anche se non sono i più ricchi. Lascio ricchezza sul mio territorio.
La beneficenza può essere importante, ma può essere anche “pelosa”. Secondo me va declinata in un concetto più generale di solidarietà, non solo dando i soldi ai “poveri negretti dell’Africa” come una qualsiasi “signora mia, non esistono più le mezze stagioni” potrebbe fare, ma sviluppando relazioni fisiche, personali, di prossimità, umane insomma.
Io voglio te, non i tuoi soldi!
È una questione di contesto: supponiamo che io voglia creare un evento in cui quello che mi interessa è la presenza delle persone. Voglio che vengano proprio qui.
La presenza fisica è portatrice di tante cose, anche di soldi per tutti quelli che vendono, ma non solo. Con la presenza fisica si creano relazioni che durano nel tempo. Si creano sinergie che fanno sì che il totale sia superiore alla somma delle singole parti. L’essere umano (forse solo fino alla penultima generazione ) è costruito per interagire fisicamente con gli altri suoi simili e non tramite uno schermo e una tastiera. Naturalmente ben vengano questi, quando non c’è di meglio. E le relazioni durature nel tempo favoriscono anche quelle economiche.
Spero di non aver esagerato, ma suggerisco fortemente agli organizzatori di non fare l’asta online e possibilmente mettere all’asta cose prodotte per l’occasione, preferibilmente sul posto, diciamo a Km 0
La passione non si può comprare: premiatela!
Per tutto il resto basta avere i soldi…
Intendiamoci, io sono un collezionista e rosico di non aver potuto mettere le mani su una tavola “a buon prezzo”, ma sono molto contento che ci siano i casi in cui i soldi non sono tutto. Se ci tieni ad una cosa, se ti dai da fare, se testimoni con la tua partecipazione che un evento è importante per te, allora avere delle occasioni in cui anche se non sei il più ricco puoi farcela, è una cosa che ritengo preziosa proprio perché ormai rara. Persino se chi ne ha approfittato della situazione decide dopo poco di rivendere: è un prezzo che secondo me vale la pena di pagare per tutte quelle altre volte che questo non capiterà.
Questo è solo il mio punto di vista e ognuno è ovviamente libero di pensarla come gli pare. Già molti mi hanno esternato il proprio dissenso, ma è priprio dai modi di pensare differenti che nascono le discussioni feconde. Perciò spero che non mi toglierete il saluto dopo questo 😉
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Il pensiero esposto dal nostro coraggioso maxmagnus mi trova d’accordo. L’ipotesi di un collezionismo guidato dalla passione, l’idea di una transumanza di collezionisti che animano i luoghi, si incontrano a volte come antagonisti, perchè nelle aste questo accade, ma comunque di persona, in maniera più umana, reale, non può che essere da me condivisa. Da ragazzino prendevo due, tre autobus in coincidenza per raggiungere il negozio di fumetti usati lontano da casa.; tornavo spesso a mani vuote, ma quando mi ero assicurato un pezzo particolare per la mia raccolta, la soddisfazione ne usciva centuplicata proprio per il fatto che quell’ acquisto lo avevo vissuto, fisicamente sperimentato. Oggi, se voglio, ma in realtà non ne approfitto, guardo su internet, clicco, compro. Non è lo stesso. Lo sapete, via! Frequento anche aste di antiquariato . L’attesa dell’evento in sala, l’arrivo del banditore, gli sguardi per individuare i possibili antagonisti, la gara, la vittoria, la sconfitta. Sono cose diverse dal vivo. Sensazioni impagabili. Provatele. Gustatele. Un clic non ve le darà mai. Detto ciò la vendita on line è democratica. Può comprare anche il famoso abitante del paesello sperduto. Persona che ancora non ho avuto modo di incontrare, forse perchè prigioniero di ‘sto maledetto paesello. Ma c’è, ci sarà. E si sarebbe potuto comprare il suddetto Manara, ma gli organizzatori, per trascuratezza o per principio o ragionamento, non glielo hanno permesso. Non sei d’accordo? Come direbbe il buon Antonio Razzi: “Fatti una casa d’aste tua…” Sola osservazione: se volevano fare beneficenza, forse potevano sfruttare l’occasione per ricavare il massimo sfruttando tutti i mezzi d’acquisto che oggi abbiamo a disposizione. Se i soldi servono per una causa importante direi che tutti i nostri ragionamenti soccombono all’importanza della causa stessa. Adios!! Dottor Bald
ti approvo in pieno.
bello che un oggetto vada ad un appassionato…
se posso cerco di farlo anche nella vita reale
E’ vero che un asta on line avrebbe sicuramente aumentato le entrate a scopo benefico dando maggior evidenza all’oggetto.
Se non ricordo male lo scorso anno l’asta era anche su skype
Sarei curioso sapere quanti realmente si lamentavano per le scarse entrate umanitarie e quanti invece parlavano solo per invidia.
Un suggerimento a chi parlava per filantropia….
fatevi dire a chi andranno i soldi e fate un bonifico “riparatore”… lo potete anche detrarre dalla prossima dichiarazione dei redditi
Mah… Tutto giusto e tutto sbagliato… Il vero motore delle discussioni oziose che spesso si fanno nei social network e’ la premessa condivisa che in tutte le cose ci sia un bene e un male, poi ognuno ha il suo bene e il suo male e si apre il dibattito. Chi tra noi non condivide le sagge parole di max, di bald, di umbe? Eppure se qualcuno preferisce fare l’opposto non sbaglia, non ha minori diritti di cittadinanza, meno ragione. Se qualcosa diventa nostro siamo felici, se qualcosa non diventa nostro perche’ dovremmo preoccuparcene (in questo caso postoccuparcene ehehh)? Chi se ne frega del modo con cui passa di mano e se passa da uno appassionato a uno meno. Non e’ affar nostro e chi siamo noi per giudicare il grado di passione altrui? Come quelli che danno un euro all’ubriacone ma gli raccomandano di non sperderli in vino!!! Sempre a dividere il mondo in noi buoni e gli altri cattivi. E per favore basta con la suprema baggianata degli investitori. Sono vestiti tutti di nero con gli occhiali scuri? Dai siamo seri. Infine la beneficienza ha bisogno di soldi. Punto. E per farli ha bisogno di comunicazione. Il web avvicina i lontani. Potrebbe essere una buona definizione anche per beneficienza. No?
Massimo Troisi (Gaetano, detto Gaetano), nello accompagnare il suo amico Frankie in un giro “evangelizzatore”, incontra Robertino; il nome è già tutto un programma!
Si tratta infatti di un ragazzo, oramai sui venticinque anni, complessato e vittima del comportamento soffocante della madre.
Massimo ascolta Robertino subire una sorta di interrogatorio da parte della madre, o meglio “mammina”, come lui la chiama:
Mammina: “Chi è il padre della fretta, chi genera la fretta?”.
Robertino: “Il demonio!”.
Mammina: “Si, il demonio. La rovina dei giovani è cominciata con…?”.
Robertino: “I capelloni!”.
Mammina: “Si, i capelloni, e…?”.
Robertino: “La minigonna!”.
Mammina: “Si la minigonna, e…?”.
Massimo Troisi: “Il grammofono!”.
La mamma di Robertino passa quindi ad attaccare l’amore senza limiti dei giovani.
Rimasto solo con Robertino, Gaetano tenta di spiegare, a modo suo, quali siano i limiti dell’amore:
“Cioè il limite della…cioè, ecco, prima di tutto si parte dalla resistenza umana, no?, cioè prima di tutto mai più di cinque. Cioè non più di cinque quando uno fa …quelle cose??? L’amore, no mai più di cinque. Cioè tu sei diplomato?”
Robertino:”Si”
“Mai più di quattro. Cioè mai più di quattro, ma…però, però bisogna misurare l’intensità, cioè mica uno ne fa quattro così, però con l’intensità che possono essere pure cinque, no? Se sono quattro devi misurare che in una volta non ne devi fare due. Giusto, no? Per esempio, capita che uno fa una volta, sai, e ci mette tutta chella intensità che in una ne escono due. Allora che succede? Che quella volta in una ne hai fatte due, e come se te la sei bruciata, allora in quel caso mai più di tre, perché…cioè è un poco complicato come cosa, è un poco…, però dipende da quello che lo fa, quello che lo fa se ci ha proprio i sentimenti buoni che vuole darsi questo limite, no? allora se ne accorge se in una ne ha fatte due. Chiaramente perché se ne accorge proprio da come l’ha fatta, no, chiaro?
Bravo, Robè.., Robè,Robè…Robè, siente a me, ccà nun ce sta nisciuno limite, nessun diplomato e cosa, Robè…tu devi uscire, ti devi salvare, Robè, t’hanno chiuso dint’ ‘a stù museo, tu devi uscire, và mmiezo ‘a strada, tocc ‘e femmene, va a arrubbà, fa chello che vuo’ tu!”.
Robertino: “Ma mammina…”.
Gaetano: “Mammina ti manda al manicomio, ti fa chiudere dentro al manicomio…”.
Robertino: “Ma mammina dice che ho i complessi nella testa.”
Gaetano : “Fosse ‘o Dio, quali complessi! Tu tiene l’orchestra intera in capa, Robè tu ti devi salvare.”
Robertino, impaurito da quanto ha ascoltato: “Mammina!”
Gaetano: “Robè..!”
Robertino: “Mammina! Mammina!”.
Gaetano. “Io lo faccio per te, che me ne importa, vai al manicomio, non ci vai, non me passa nemmeno per la capa!”.
Robertino: “Mammina!”.
Gaetano: “Ma vafanculo tu e mammina!!!”
Eterna gratitudine! Adoro film e sequenza e non avevo il testo! GRAZIE! Aggiungo per chi sa intendere che ho chiamato mio figlio Leo. Solo Leo.
Giusto per non lasciare dubbi:
Massimo (Gaetano detto Gaetano, citazione riservata ai pochi fortunati che hanno avuto il piacere di ascoltare “a tutti coloro” su radio KissKiss negli anno 80′, tanto per essere precisi: https://www.youtube.com/watch?v=Hxhz7UOJIm0 dal minuto 29:30 in poi capirete; per i cultori sono 2:20 con tutti gli sketc dell’epoca, perfetto per un pomeriggio senza news)=Gaetano=Vero Appassionato che si trascina in tutte le mostre (anche oltreoceano), partecipa alle aste di persona e si rovina spendento lo stipendio per una tavola originale.
Robertino=Investitore che comprerebbe un future salla cacca di elefante se mammina gli dicesse che ha un profilo oltre il 12% annuo
Mammina=Spregiudicato broker finanziario che “aiuta i suoi clienti” a cercare sempre nuovi modi per guadagnare senza lavorare.
Poi, per Giovemarti:
è un piacere sapere che hai un figlio “educato”!!!
eccomi!
sono forse uno dei piu’ indicati per rispondere a questo post, e come vedi non ti tolgo ne’ ti togliero’ il saluto.
Il motivo e’ semplice, e’ davvero difficile che mi sposti per convention e mostre, e lo sai.
Ho vissuto questa passione in maniera ossessiva, dedicandole anche molto tempo libero, quindi non credo che “i meno presenti hanno meno passione”. Magari ne dimostrano meno, quello si’.
Il non essere mai stato a lucca comics, ad esempio, risulta essere da pena capitale
Mi sono sicuramente perso qualcosa di fondamentale, per il collezionismo di tavole originali: ahime’ per come si stanno mettendo le cose dal punto di vista organizzativo mi sembra che sia tardi per rimediare. Le fantastiche Lucche passate che mi avete raccontato probabilmente non torneranno piu’.
Ma va bene cosi’. Non riesco a muovermi, non riesco a chiedere alla famiglia un impegno di tipo fisico.
“Non e’ lo stesso”, dice il buon Bald: ha ragione. Dare un volto alle mail ricevute e’ importante, infatti gli sporadici incontri che ho sono sempre apprezzatissimi.
lo dico da “abitante del paesello sperduto”. Solo che il paesello, con l’avvento di internet, e’ sempre meno sperduto, grazie al cielo, e se cosi’ non fosse probabilmente tornerei in una grande citta’.
Oooops, prima ho scritto “ho vissuto in maniera ossessiva”…. che stia rinsavendo?
Lasciatemi tornare un attimo su questi fantomatici investitori: poco tempo fa Heritage ha battuto all’asta la prima apparizione di Wolverine. Botto: piu’ di 657mila verdoni. Ma chi l’avra’ mai presa? S’e’ parlato di russi, giapponesi, cinesi miliardari entrati nel mondo delle tavole originali. Sara’ anche vero, il mercato (e gli acquirenti) degli originali e’ cambiato moltissimo, ma intanto la pagina se la gode questo collezionista, al quale molti di noi invidieranno….. la moglie.
http://www.comicartfans.com/GalleryPiece.asp?Piece=1134966&GSub=157650
Mi associo a quanto afferma l’amico Gio .Io diffido assai dei moralisti di ogni tipo.Citerò per rispondere musicalmente anche a chi con grande abilità ha citato il Sommo Troisi e purtroppo non ci ho capito una cippa ,,Van Morrison nella canzone No Guru,, no Method ,,no teacher o il nostrano indimenticato Lucio D. e faremo l’amore ognuno come gli va .E collezioneremo alla stessa stregua .
Grazie a tutti per i commenti. E grazie anche ai commenti che sono stati fatti su FB.
Questi secondo me sono temi interessanti e soprattutto lo diventeranno ancora di più in futuro accumulandosi e diventando a poco parte di un discorso più ampio che, spero, ci permetterà di costruire un pensiero critico sul collezionismo di originali in generale (o sui collezionisti:-)
Forse, come mi capita spesso, esagero, ma sono comunque contento di fare questo percorso insieme a persone come voi.
Caro Max grazie a te per il tuo bellissimo blog molto prezioso per un malato appassionato come me .E speriamo che l’interesse per gli originali possa aumentare.